L’osteoporosi è una condizione estremamente frequente nella popolazione anziana con età superiore ai 65 anni. E’ caratterizzata da una bassa densità minerale ossea con conseguente aumentato rischio di fratture. Tali fratture si verificano tipicamente anche per traumi con bassa intensità di impatto e si definiscono tecnicamente “fratture da fragilitàâ€.

Il problema osteoporosi in numeri

I siti piu’ facilmente esposti alle fratture da fragilità sono i corpi vertebrali ed il collo femorale motivo per cui la MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata), utilizzata per la diagnosi di osteoporosi, viene valutata elettivamente in queste due sedi. Nel mondo occidentale tale patologia colpisce soprattutto le donne (1 su 3 dopo la menopausa), ma anche gli uomini (1 su 5 dopo i 60 anni). L'allungamento della vita media inoltre aumenta sempre più il numero di chi si trova ad affrontare questo problema. Se dopo i 75 anni l'incidenza nella donna è del 43%, nell'uomo è del 20%; oltre gli 85 riguarda il 60% delle donne e il 40% degli uomini. Le previsioni sono allarmanti e si stima che nel mondo le fratture di femore per osteoporosi che nel 1990 erano state 1.660.000 nel 2050 saranno 6.260.000, con relativo aumento dei costi per cure ospedaliere e di riabilitazione.



Fig.1 - Età e riduzione della massa ossea - Progressiva perdita di massa ossea negli anni, sino al quadro dell’osteoporosi conclamata


Il diabete mellito è una patologia caratterizzata fondamentalmente dall’iperglicemia. Tale condizione può essere secondaria ad un deficit assoluto di insulina o secondario ad uno stato di insulino-resistenza spesso correlato all’obesità addominale. Dal punto di vista epidemiologico questa malattia è al momento in rapida e costante espansione, sia per l’aumento della obesità nella popolazione generale sia per il considerevole incremento della popolazione anziana. Quindi osteoporosi e diabete si trovano spesso a coesistere nello stesso individuo, non per semplici motivi cronologici ma perché diversi meccanismi molecolari legano il tessuto scheletrico al metabolismo glucidico.

L’equilibrio dinamico dell’osso

I meccanismi che legano il diabete, l’osteoporosi e le fratture da fragilità sono diversi. Lo sviluppo delle ossa comincia prima della nascita e prosegue con l’accrescimento. Il picco di massa ossea si raggiunge a 25-30 anni. L'osso è un tessuto vivo che si rigenera attraverso un ciclo continuo di riassorbimento-distruzione e rideposizione-formazione. Con gli anni questo equilibrio nel rimodellamento osseo tra le cellule che costruiscono l'osso nuovo (gli osteoblasti) e quelle che riassorbono quello vecchio (gli osteoclasti) si altera. La parte ossea che si riassorbe diventa maggiore di quella che si forma e la massa ossea pian piano si riduce. La struttura interna (osso spugnoso), composta da una ragnatela di trabecole e lamelle, si indebolisce, le prime si rompono e si formano lacune.

Se il picco di massa ossea raggiunto da giovani è alto, e se la perdita di minerali è lenta, più difficilmente la massa ossea scenderà fino al livello di osteoporosi. Se però il picco raggiunto era basso e la perdita è rapida le cose sono diverse. Qualunque fenomeno interrompa o alteri la creazione di nuovo tessuto osseo (tipo anoressia nervosa, malattie croniche internistiche, immobilizzazione protratta, ecc) compromette la possibilità di raggiungere il picco di massa ossea ed espone ad una minore densità minerale nell’età adulta.



Fig.2 - Azione di osteoblasti ed osteoclasti - Rimaneggiamento della struttura ossea da parte di osteoblasti ed osteoclasti, le cellule dell’osso responsabili della formazione e del riassorbimento.

In tale contesto si colloca il diabete tipo 1. L’insulina è infatti un importante fattore di crescita e i ridotti livelli presenti in età pediatrica e adolescenziale possono causare una riduzione nello stimolo alla formazione ossea esponendo il soggetto ad Osteoporosi nell’età adulta.

D’altro canto le persone con obesità addominale affette da diabete tipo 2 sono sottoposte ad un importante stimolo iperinsulinemico secondario alla sindrome da insulino-resistenza: tale condizione si associa ad un’aumentata formazione di massa ossea ma di scarsa qualità. E’ noto che l’adipocita (la cellula progenitrice del tessuto adiposo) e l’osteoblasto (la cellula progenitrice del tessuto osseo) provengono da un precursore comune. L’abbondante presenza di cellule adipose porterebbe ad abnorme produzione di adipochine (prodotte dalle cellule adipose) che arrivate nell’osso stimolerebbero gli osteoblasti verso la tipizzazione in adipociti. Ne consegue un osso particolarmente arricchito in tessuto adiposo con conseguente perdita di efficienza funzionale.

Meccanismi crociati tra diabete e osteoporosi

E’ noto che il diabete mellito è una malattia sistemica che, se non trattata, porta a complicanze a lungo termine. Ad oggi l’osteoporosi stessa può essere considerata una complicanza al pari di altre piu’ note come la retinopatia o la neuropatia.

L’iperglicemia cronica infatti porta alla glicosilazione non enzimatica delle proteine tessutali e al deterioramento fino alla chiusura dei piccolissimi vasi tessutali (condizione nota come microangiopatia): tale fenomeno non può non riguardare anche le proteine della matrice ossea. Le proteine così glicosilate risulteranno alterate nella loro geometria e quindi meno efficienti nel garantire l’elasticità e la resistenza necessaria. Inoltre l’ipossigenazione cronica indotta dalla microangiopatia produce citochine infiammatorie con attivazione delle cellule del riassorbimento (osteoclasti) che determinano un’ulteriore perdita di massa ossea.

Dobbiamo infine tenere presente che lo spettro dei soggetti affetti da osteoporosi è l’evento di frattura: è in questo momento che l’ Osteoporosi diventa una malattia conclamata con una sua morbilità e mortalità che dipende soprattutto dal sito fratturato, dall’età del paziente e dalle condizioni cliniche generali.

Diabete e osteoporosi riconosco perciò altri pericolosi legami. Oggi è infatti noto che i soggetti diabetici sono più esposti al rischio di cadute, in primis per le terapie che possono indurre nel paziente eventi ipoglicemici. Molti studi associano l’uso della terapia insulinica a fratture da fragilità, e oggi sappiamo che questo fenomeno è secondario al fatto che tale terapia è quella che più espone il paziente a crisi ipoglicemiche.

Ma al di là dell’evento ipoglicemico i soggetti diabetici hanno una maggiore prevalenza di fattori di rischio per caduta, anche perché sono spesso affetti da neuropatia periferica, da problemi visivi o da una ridotta performance muscolare. L’invecchiamento di per sé si associa ad alcuni fattori intrinseci che possono incrementare ulteriormente il rischio di fratture legate a cadute come un basso indice di massa corporea, un deterioramento cognitivo, gli esiti di ictus e le conseguenti alterazioni dell’equilibrio e dell’andatura. Tutti questi fattori di rischio in genere hanno una maggiore prevalenza nei soggetti diabetici anziani. In tali pazienti gli eventi fratturativi possono essere aggravati dalle complicanze diabetiche e da un rallentamento nella saldatura delle fratture che aumentano il declino funzionale fisico fino alla comparsa della disabilità.

Agire sulla prevenzione

È indispensabile programmare futuri studi per chiarire l’impatto dei diversi aspetti del controllo glicemico sull’osso. Una migliore comprensione dei meccanismi attraverso i quali la malattia diabetica influenza l’osso migliorerà le possibilità di intraprendere misure preventive per preservare la salute ossea e prevenire le fratture, condizioni che hanno un profondo impatto sulla qualità della vita in una popolazione in continua espansione come quella dei soggetti anziani diabetici.

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